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Paragoni di chissachiè, neuroni specchio e social media

Una persona ha recentemente paragonato Nilde Jotti a Nicòle Minetti per il fatto che entrambe avrebbero fatto carriera politica grazie alla scorciatoia del rapporto sessuale con il potente di turno. Bypassando completamente l’analisi storica, politica ed anche personale, tale persona ha ridotto la vita di queste due donne ai loro presunti comportamenti sessuali, riducendo poi questi ultimi a mero desiderio di potenza. Tale riduzione è stata poi assolutizzata in quanto istinti di per sé naturali e comprensibili sono stati assolutizzati, per parificare ciò che è diverso. (Nella giovane Nilde Jotti il fascino del potere avrà certo esercitato una qualche influenza ma ciò non sminuisce affatto la sua moralità né tanto meno le sue qualità politiche).

Le reazioni all’improprio paragone – reazioni che verosimilmente questa persona consciamente ed ancor più inconsciamente avrà con voluttà atteso – non si son fatte attendere. Nel mondo politico, ove parlamentari di entrambi i sessi ma soprattutto donne hanno cercato con maggiore o minor efficacia di difendere l’onore e l’immagine della statista comunista, sui media tradizionali ed ovviamente anche sulla rete e sui social media. Su twitter, o meglio su quella piccola parte dello stesso di cui ho avuto visione, oltre a commenti più o meno pungenti, sarcastici od offensivi nei confronti di tale persona, un calzante accostamento al tema del narcisismo (@colvieux), è stata lanciato, (credo da @AsinoMorto), un hasthag per raccogliere paragoni inappropriati, con l’evidente obiettivo di sottolineare sarcasticamente la mancanza di un nesso associativo logico e cogente nel paragone fatto dalla suddetta persona. Obiettivo indubbiamente raggiunto con tweets talora godibilissimi (” Platone è come Batman. Tutti e due col mito della caverna”).

La modalità e la velocità di tali reazioni mi hanno ricordato i cerchi concentrici che si propagano all’infinito nell’acqua quando vi viene gettato un sasso. La specifica qualità dell’emozione cioè la riduzione svalutante è invece rimasta invariata durante l’intero processo di diffusione. Quelli/e che si sono riconosciuti/e per così dire identificati/e nel paragone iniziale, hanno condiviso la svalutazione (Jotti-Minetti), e l’hanno magari accentuata od arricchita con altre perle. Quelli/e che hanno cercato di contrastarlo hanno più o meno inconsciamente svalutato, fino ai limiti dell’offesa, la persona che l’ha originariamente formulato. In uno e nell’altro caso si è creato un vero e proprio contagio emotivo (1) all’insegna della svalutazione. Le basi neurobiologiche del contagio emotivo, dell’imitazione così come dell’empatia – che da esso va chiaramente distinta – sono da ricercare nei neuroni specchio (2) scoperti da neurofisiologi dell’università di Parma (Rizzolatti, Gallese et al.) ancora negli anni 90 e divenuti giustamente famosi nell’ultimo decennio. Si tratta di cellule nervose – situate in regioni frontali premotorie, parietali posteriori e verosimilmente anche nell’insula ed in altre regioni ancora  – che ci consentono non solo di capire i movimenti, le azioni e le intenzioni ma anche di comprendere le emozioni degli altri attraverso l’attivazione in noi delle stesse aree cerebrali attivate nelle persone che stiamo osservando o sentendo. In un processo che Gallese chiama di “simulazione incarnata” – che è una “riproduzione automatica, non consapevole e pre-riflessiva, degli stati mentali dell’altro” (3)  –  noi sentiamo, con le stesse strutture cerebrali ma con diversa intensità, il dolore, la gioia, il disgusto etc dell’altro. Per arrivare tuttavia all’empatia – magnificamente illustrata in modo ancora attualissimo da E Stein nella sua dissertazione del 1917 (4) – è necessario compiere un ulteriore gradino, passando dalla comprensione immediata ed inconscia dei sentimenti altrui al distanziamento. Con una riflessione razionale volontaria ci dobbiamo cioè distanziare dai sentimenti che ci accomunano all’altro – nel nostro caso la riduzione svalutante- ed assumere la nostra personale e consapevole posizione. Se non lo facciamo diventiamo facilmente preda della pura identificazione con l’altro, o dell’avversione altrettanto emozionale nei suoi confronti, rimaniamo insomma prigionieri di una sorta di contagio emotivo, di ecopatia (di ripetizione cioè acritica dello stesso sentimento), come è appunto accaduto in diverse reazioni sulla stampa e sui social media, ma come può accadere anche in terapia. Vanno poi considerati i processi di accelerazione, catalizzazione ed amplificazione indotti dalla rete ed in particolare dai social media. Il contagio emotivo può trarne una significativa accelerazione, la rapida diffusione ed il rispecchiamento reciproco possono accentuare la polarizzazione. Certo né il paragone della suddetta persona né le reazioni in rete allo stesso sono diventati – con buona pace della persona in questione –  “viral” come il filmato di Kony (80 milioni di contatti), cui Luca De Biase ha dedicato brillanti riflessioni (5) . Anche il banale esempio che ho preso in considerazione mostra tuttavia come sia difficile porre fine a tale reazione a catena di tipo emotivo. Anche il silenzio o più correttamente l’indicazione del silenzio, fatta propria anche da me, può essere interpretata, non senza ragione, come una sorta di saccente svalutazione delle reazioni critiche già poste in essere e di questo passo si potrebbe continuare. In fin dei conti gli unici metodi corretti ed efficaci sono molto pochi. Uno ci proviene dalla terapia analitica. È l’astinenza terapeutica (6) che proprio non agendo e non giudicando consente di analizzare limpidamente, al di là di un affermazione e/o di un paragone, il rapporto tra me e l’altro. L’altro metodo non meno difficile è quello del riuscito motto di spirito, non a caso tenuto in buon conto da Freud. Chissà lui cosa avrebbe scelto nel caso specifico? Forse la sua pipa…

Giuliano Castigliego

Bibliografia essenziale:
(1) Bischof-Köhler D., http://www.bischof.com/doris_e_empathy_mirror_recognition_prosocial_behavior.html
(2) Rizzolatti G., Sinigaglia C. : So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina 2006
(3) Gallese V., Migone P. and Eagle M.E. : La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività e alcune implicazioni per la psicoanalisi. Psicoterapia e Scienze Umane, 2006, XL: 543-580.
(4) Stein. E.: Il problema dell‘empatia, tit. orig. „Zum Problem der Einfühlung,“  1917, tr. it. a cura di E. Constantini e di E. Schulze Constantini, Ed. Studium,  Roma 1985
(5) De Biase L., http://blog.debiase.com/2012/03/internet-framing-problems.html
(6) Freud S., Introduzione alla psicanalisi, Bollati Boringhieri, 2012
(7) Freud S., Psicopatologia della vita quotidiana, Bollati Boringhieri, 2010

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