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Verso una psicoterapia digitale

Prima di tutto oggi vengono il dolore per la strage di Melissa e l’impegno per la solidarietà e la reazione di fronte ad ogni forma di violenza.

Nella seicentesca Villa Morando di Lograto si è tenuto, l’11 maggio 2012, per conto dell’ass. umanamente, il dibattito pubblico: “Multitasking: come la rete, il digitale ed i social media stanno cambiando la nostra psiche e la nostra vita”. Ne dà ampiamente conto, sulla  pagina culturale del Giornale di Brescia, Tonino Zana, che è stato anche il moderatore dei due relatori della serata, il Prof. Imbasciati, dell’Università di Brescia ed il Prof. Martignoni, dell’Università di Friborgo, oltre che SUPSI ed Insubria. Entrambi, come ben si evince dall’articolo, hanno espresso, chi con argomenti più neurofisiologici, chi con accenti più  socio-filosofici, forti preoccupazioni sulle trasformazioni indotte dalla rete e dai nuovi social media sulla nostra mente, le nostre strutture cerebrali e la nostra stessa identità.

Le preoccupate riflessioni logratesi sono a loro volta un piccolo tassello del ben più ampio attuale dibattito su rischi e vantaggi della rete, che vede schierati, con ottimi argomenti, opposti ed illustri fronti da Morozov a Spadaro. Gianni Riotta riassumeva tra gli altri la querelle tra net-ottimisti e net-pessimisti tempo fa su tuttolibri consigliando eccellenti libri sul tema  – cui aggiungerei sicuramente anche “Edeologia” e “Cambiare pagina” di De Biase e il sia pur fin troppo citato “Internet ci rende stupidi?” di Carr.

Se è doveroso essere attenti ai rischi di rete e social media, non si possono neanche dimenticare i vantaggi non solo comunicativi ma anche conoscitivi, formativi, partecipativi e dunque anche sociali e politici che il digitale porta con sé. È quello che appunto Luca De Biase nel suo blog, divenuto una sorta di moderna enciclopedia in rete dell’innovazione, non si stanca mai di evidenziare e soprattutto di spiegare efficacemente. Anche il processo di frammentazione e ricostruzione dell’identità personale che si sta consumando sotto i nostri più o meno partecipi occhi può essere osservato da molteplici e non tutte negative angolature. A me sembra ad es. che i multiformi profili dei social media possano essere interpretati come delle nuove chimere realtà/virtuale  e che come tali rientrino pienamente nella corrente di destrutturazione/ristrutturazione dell’io cui ci la modernità (a partire da Hoffmann) ci ha avviato e che un critico come Magris ci fa magistralmente ripercorrere. Ma le stesse chimere rappresentano pure un tentativo di opporsi alla corrente di frammentazione, garantendoci per qualche tempo una nuova transitoria identità o almeno l’illusione della stessa – ma già i personaggi hoffmanninani si dibattevano tra molteplicità dell’io ed illusione d’identità.

Con ottimismo molti psichiatri, psicanalisti, psicologi e psicoterapeuti, soprattutto nei paesi anglosassoni,  si sono aperti al digitale, riscontrandovi grandi potenzialità non solo per la comunicazione, l’informazione e la formazione in campo  psicologico/psichiatrico ma anche per la consulenza e la psicoterapia. Sì proprio la psicoterapia, già divenuta in diversi paesi online, eTherapy . Il Dr. A. Balick, psicoterapeuta e membro dello staff del centro per gli studi psicoanalitici all’Università di Essex, illustra bene le premesse teoriche della questione in un divertente  articolo  in cui evidenzia il paradosso di una disciplina, la psicanalisi appunto, nata come rivoluzionaria all’inizio del 20 secolo e che rischia di apparire ora un dinosauro, pur avendo invece in sé le potenzialità non solo per aggiornarsi al digitale ma anche e soprattutto per aiutare a  comprendere  i nuovi media e dunque la nuova società e noi stessi. Balick ricorda tra l’altro come Freud, pur avendo completato l'”Interpretazione dei sogni” nel già 1899, abbia atteso il 1900 per la sua pubblicazione proprio per consentire che la sua opera uscisse nel nuovo secolo, che ne è stato infatti  profondamente segnato. Lo psicoterapeuta britannico conclude constatando che, se pur Freud non avrebbe probabilmente twittato, è significativo che lo facciano (per lui, aggiungo io) due prestigiose istituzioni psicoanalitiche londinesi, l’istituto di psicoanalisi (@Psych0analysis) – tra l’altro su brillanti temi al confine tra letteratura e psicanalisi  – ed il Freud Museum London (@freudmuslondon). Un altro articolo  di Heyman e Speyer sull’ Online Therapy Institute fa il punto sull’efficacia della psicoterapia online che gli articolisti, parafrasando la celebre definizione freudiana della psicoanalisi come talking cure (terapia della conversazione), definiscono writing cure (terapia della scrittura), perché basata appunto sullo scambio di mails tra paziente e terapeuta.

Le radicali trasformazioni di setting e dunque del tipo di rapporto paziente-terapeuta che le nuove condizioni comportano sono evidenti anche ai profani e necessitano certo attente e meditate riflessioni. Ma come non ricordare che proprio la sperimentazione di nuove tecniche e nuovi settings sta alla base della nostra disciplina? In Italia, Migone, codirettore di Psicoterapia e scienze umane,  e Merciai, autore de  “La psicanalisi nelle terre di confine”, sono stati tra i primi, in ambito analitico, a riflettere con apertura ed interesse al tema della psicoterapia online. Migone  nel suo articolo “ psicoterapia con Internet”  conclude equilibratamente che “la realtà “virtuale” e quella “reale” (…) non sono l’una superiore o inferiore all’altra, ma due diversi tipi di esperienza, ciascuna rispettabile e meritevole di essere indagata, e ciascuna capace di fornirci preziose informazioni sulla natura umana”. Merciai nel suo “Psicoterapia online: un vestito su misura”  si spinge ancora più avanti arrivando alla conclusione “che una psicoterapia online (e, più specificamente, una psicoterapia di indirizzo psicodinamico) possa esistere, che sia anzi indispensabile e doverosa in molti casi” poiché spetta a noi terapeuti “essere disponibili invece a costruire il vestito su misura che il nostro paziente ci chiede e ci ha sempre chiesto. Un vestito su misura – non un prêt-à-porter preconfezionato e a taglie rigide – che potrebbe anche essere, se e quando necessario, parzialmente o integralmente via Internet”.

Non ho né  autorità né autorevolezza per esprimere opinioni personali sulla trasformazione o meno in senso digitale della psicoterapia, trovo comunque tale fase di passaggio molto interessante e la sfida che essa pone a noi terapeuti quanto mai affascinante proprio perché, come afferma Merciai “lo spirito coraggioso ed innovativo costituisce, …, la vera lezione dei grandi maestri della nostra disciplina – da Freud a Bion”.

Sarà dunque un piacere riflettere su questi ed altri temi nel congresso “Multitasking: come la rete, il digitale ed i social media stanno cambiando la nostra psiche e la nostra vita” che, organizzato dall’ass. uma.na.mente,  si terrà il 29 settembre ancora una volta negli splendidi ambienti di Villa Morando, segno tangibile di una storia di civiltà ed arte che accoglie in sé e si apre al nuovo.

Giuliano Castigliego

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