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La moglie di Cesare e l’inconscio italiano

La moglie di Cesare

Anche se nel frattempo la moglie di Cesare – si fa per dire – è diventata ministra siamo ancora lì. “La moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta”. L’importante è apparire: bene, anche al telefono. Non si cerca di stabilire obiettivamente se la ministra Cancellieri abbia fatto qualcosa di scorretto o illegale, se abbia abusato del proprio potere per favorire amici. Cose, più esattamente reati, che ne richiederebbero ovviamente non solo le immediate dimissioni ma una severa ed adeguata punizione. In considerazione dei  tanti carcerati dimenticati, maltrattati, abusati, addirittura uccisi per negligenza, colpa o peggio nelle prigioni italiane, si ritiene l’intervento della ministra per accertare ed evitare il pericolo di suicidio di una carcerata eccellente pregiudizialmente scorretto, interessato, comprato.  Dal momento che il nostro inconscio collettivo – forgiato da secoli di familismo amorale, di arbitrii ed abusi –  non riesce neanche ad immaginare un interessamento nei limiti della legge e dell’umanità, attribuiamo a priori alla ministra il dolo, la malafede e la mettiamo nello stesso fascio d’erba (illegale) di Berlusconi. Giustizia sarebbe stata – sembra la sottintesa conclusione di alcuni discorsi ed articoli- che la ministra avesse lasciato fare alla Ligresti la stessa fine dei carcerati anonimi maltrattati o ignorati. Non il contrario! Non le si chiede conto di quello che fa/dovrebbe fare per tutti i carcerati anonimi. Non si chiede al ministro nemmeno di dimostrare coi fatti la correttezza o meno del proprio agito per tirarne poi doverosamente le conseguenze. Dovrebbe avere la sensibilità di dimettersi.   Dal momento che è amica di potenti – l’abbiamo scoperto adesso? gli altri ministri non lo sono? – ed è stata intercettata a dire in una conversazione privata parole certo ingiuste – certo molto diverse da quelle di Papa Francesco – viene giudicata per come appare. Non per quello che ha fatto, che è ancora da accertare. Azioni di cui poi, se si dimetterà, nessuno le chiederà conto. Perché nella nostra stramba morale lassista e massimalista insieme noi italiani siamo così, preferiamo un’apparenza ideale al concreto e paziente accertamento di una magari grigia verità umana e giuridica.
Giuliano Castigliego

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